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Risarcimento del danno: quando il bonifico viola la privacy

Portiamo l’attenzione su di una recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Sentenza n. 10947/2014) che evidenzia, ancora una volta, la fondamentale importanza nonché la severità della tutela della riservatezza dei dati sensibili.

Giova evidenziare, per analizzare anche quanto deciso dalla Corte, che tra i dati sensibili rivestono un ruolo primario i dati attinenti alla salute dell’interessato che non possono essere comunicati se non per espressa previsione normativa e sempreché il trattamento non possa essere effettuato mediante il ricorso a dati anonimi oppure allorquando sia necessario e pertinente alle finalità per le quali il dato è raccolto.

In ambito sanitario, quindi, occorre prestare particolare cautela al rapporto spesso conflittuale tra la tutela della riservatezza e l’erogazione di un servizio necessitato e dovuto.

La sentenza in parola riguarda il caso di “chi beneficia di un indennizzo pubblico per aver contratto una malattia, a causa di un errore sanitario, e abbia diritto al risarcimento del danno per illegittimo trattamento dei dati sensibili, qualora nel bonifico bancario venga riportata la causale”. La causale riportava, nella specie, il riferimento alla Legge n. 210 del 1992 (“Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati“). La Corte, in accoglimento del ricorso dell’interessato, condannava la Regione e l’Istituto di credito per tale comportamento. Quindi sia l’ordinante il pagamento sia l’Istituto di credito sono responsabili per la causale del bonifico che rivela dati sensibili del creditore, salvo dimostrino di aver fatto il possibile per schermare l’informazione.

Fonte: pharmakon.it

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