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Il risarcimento ordinario

Di fronte al contagio dovuto alla somministrazione di sangue o suoi derivati infetti c’è spazio non solo per l’indennizzo ma anche per la responsabilità civile, ove ricorrano i presupposti previsti per la sua sussistenza.

Che cosa si intende per risarcimento ordinario?

In linea generale, è possibile affermare che l’infezione da epatite virale o da HIV cagiona alla persona danneggiata delle lesioni che possono rilevare sia dal punto di vista patrimoniale che non patrimoniale. Il danno patrimoniale è rappresentato, ai sensi dell’art. 1223 cod. civ., dal pregiudizio economico che il fatto illecito provoca al danneggiato: può consistere nella materiale perdita del bene o utilità (c.d. danno emergente) e nel mancato guadagno proiettato nel futuro derivante da tale perdita (c.d. lucro cessante).

Le ipotesi più ricorrenti di danno patrimoniale, nei casi di infezioni post-trasfusionali, sono rappresentate dal danno alla capacità lavorativa (costituito dalla perdita totale o parziale di un reddito lavorativo o della capacità di produrre tale reddito) e dal danno emergente (costituito dalle spese mediche e per cure terapeutiche).

Nell’ambito del danno non patrimoniale rientrano il danno biologico, il danno morale ed il danno esistenziale, autonome e legittime categorie dogmatico-giuridiche nell’ambito dell’art. 2059 cod. civ. (Cass. Civ., Sez. Lav., 16 maggio 2007, n. 11278, Mass. Giur. It., 2007).

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la tanto attesa sentenza n. 581 depositata in data 11 gennaio 2008, ha chiarito alcuni punti controversi in giurisprudenza, quali: la responsabilità del Ministero della Salute per i danni da contagio post-trasfusionale, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento, il concorso tra indennizzo e risarcimento danni.

L’indennizzo previsto dalla Legge n. 210/92 ed il risarcimento ordinario: cumulabili o alternativi?

E’ opportuno sottolineare, in tema di risarcimento ordinario, la rilevanza che può venire ad assumere il riconoscimento del diritto all’indennizzo ai sensi della Legge n. 210/92 ed, in particolare, di quel presupposto di legge rappresentato dal nesso causale tra le emotrasfusioni e l’infezione.

Il problema del cumulo materiale fra indennizzo e risarcimento del danno in favore delle vittime del contagio da trasfusione o somministrazione di emoderivati infetti è stato appianato in via giurisprudenziale: difatti, è ormai pacifico che sia ammissibile il concorso delle due forme di tutela.

Ed invero, la normativa di cui alla Legge n. 210/92 e successive modifiche prevede l’erogazione da parte dello Stato di un indennizzo che, come detto, non ha natura risarcitoria ma carattere assistenziale in senso lato, essendo riconducibile alle prestazioni poste a carico dello Stato in ragione del dovere di solidarietà sociale (ex multis: Cass. Civ., n. 6799/2002).

In tal senso, si è altresì espressa la Corte Costituzionale affermando appunto che la previsione dell’indennizzo in questione, fondata sui principi di cui agli artt. 2 e 32 Cost., non incide sul diritto del soggetto a conseguire l’integrale risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. (Corte Cost. n. 118/96).

Il concorso delle due forme di tutela è stato autorevolmente ammesso, da ultimo, dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 581 depositata in data 11 gennaio 2008.

“Sennonché, con sentenza n. 584 del 2008 le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che l’indennizzo ex lege n. 210/1992 corrisposto al soggetto danneggiato possa essere integralmente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno posto che, in caso contrario, la vittima si avvantaggerebbe di un ingiustificato arricchimento, godendo, in relazione al fatto lesivo del medesimo interesse tutelato, di due diverse attribuzioni patrimoniali dovute dallo stesso soggetto (ossia il Ministero della Salute) ed aventi causa nel medesimo fatto lesivo (trasfusioni di sangue o emoderivati infetti)”.

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